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Luna Cesari da Terni, classe 1987, è laureanda magistrale in Storia dell’ Arte Contemporanea presso l’ Università della Tuscia di Viterbo. Mossa dalla grande passione per la fotografia, partecipa a diversi progetti fotografici ed espone i suoi lavori in giro per l’Italia come Roma (2011), Bologna (2013) e Perugia (2012).

 

 

Visualizzate il Portfolio su Flickr  http://www.flickr.com/photos/blunotte87/

Per contattarla: luna87cesari@gmail.com

Finché morte non ci separi, 2013; serie "Se questo è amore".

Finché morte non ci separi, 2013; serie “Se questo è amore”.

Come hai iniziato ad interessarti della fotografia?

Ho sempre provato una certa attrazione per il mezzo fotografico, fin da bambina. L’infanzia è stata sicuramente un periodo molto fecondo per me. La casa in cui sono cresciuta, 70 metri quadrati circondati da un’estesa campagna, è stata decisiva per lo strutturarsi di tutto il mio immaginario. L’idea di “documentare” quello che si combinava in casa, dalla preparazione di una torta, all’uscita domenicale, mi creava grande serenità. In un certo senso ho vissuto la fotografia come un’opportunità per tenere tutto “sotto controllo”, un modo per non buttare via niente, per non rischiare di opacizzare la visione d’insieme della propria vita.

I was wating to pick strawberries, 2012; serie "Waiting".

I was wating to pick strawberries, 2012; serie “Waiting”.

Cos’è per te la fotografia? Cosa vuoi comunicare?

Vivo la fotografia come un racconto. Non mi ritengo una fotografa. Io sono una persona che ama fotografare e fotografarsi. Non amo la fotografia in assoluto, non amo fotografare per la sua gestualità, non sono una fanatica del mezzo. Quello che mi attrae è la possibilità di dare dignità alla memoria. In particolare la mia piccola memoria, quella della mia famiglia, della mia casa, dei miei oggetti. Potrebbe sembrare una visione limitativa e fortemente egocentrica. In realtà è uno scambio, perché io adoro le vite degli altri e ringrazio chi ne concede un pezzetto attraverso l’arte. Mi emoziona una Frida ad esempio, nel suo ripetitivo rituale di ritrarsi e ritrarsi ancora, con il suo dolore, mi commuove una Woodman, per motivi affini, Roman Opalka che si è fotografato sistematicamente, tutti i giorni, nella stessa posa, per la maggior parte della sua vita. Mi commuove Christian Boltanski e il suo tentativo di “catalogare” l’esperienza umana. Nei miei lavori ci sono gli oggetti, gli abiti, le mura che hanno caratterizzato la vita di chi ci è stato prima di me e di chi c’è ora. Ci sono i miei nonni, i miei genitori, le bomboniere, i servizi da tè, i merletti accumulati in anni di legami famigliari. Io credo che tutto questo sia prezioso, l’identità di ogni persona lo è.

Please wait, 2012; serie "Waiting".

Please wait, 2012; serie “Waiting”.

Come mai i tuoi soggetti che spesso sono degli autoritratti, non guardano mai direttamente l’obbiettivo? E’ una scelta o un caso?

I lavori eseguiti negli ultimi due anni ritraggono quasi sempre una donna (sono dei self), sola, sospesa in un’immobilità silenziosa. Stai spiando quello che fa dalla serratura di una porta, è questa l’idea. Ti è data la possibilità di vedere come impiega questo tempo lunghissimo, com’è che scorre la sua giovinezza volutamente reclusa, ecco perché non c’è contatto con lo sguardo dello spettatore.

Questo è amore, 2013; serie "Questo è amore".

Questo è amore, 2013; serie “Questo è amore”.

La casa è considerata da tutti un luogo dove sentirsi al sicuro ma scelta da te come ambientazione, provoca la sensazione contraria… La casa in cui sono ambientati la maggior parte dei miei lavori, è la casa di mia nonna, attualmente disabitata. Io la chiamo “la casa dei ricordi”, dentro un’esplosione di suggestioni. Il legame con gli oggetti, con il proprio passato, è un legame bello, ma anche pericoloso. L’inquietudine degli scatti nasce da questo contrasto, da questa ridondanza.

This house is a church. But where is god, 2012; serie "Waiting".

This house is a church. But where is god, 2012; serie “Waiting”.

In che modo ti stai facendo conoscere? Hai in programma delle mostre personali?

Attualmente sto lavorando ad una nuova serie fotografica e sono impegnata nel conseguimento della laurea specialistica in Storia dell’Arte. Ho esposto in diversi luoghi d’italia, ma l’esperienza sicuramente più significativa è stata la bi-personale con l’artista Ilaria Gorgoni, “Vietato l’accesso” presso il Palazzo Regio delle Poste di Cagliari, nel 2012, curata da Efisio Carbone, Ines Richter e Stefano Raccis.


Foto di @ Luna Cesari