Manuel Bravi, nasce a Ravenna e decide di studiare grafica pubblicitaria presso la Scuola Internazionale di Grafica a Venezia. Attualmente vive a Milano dove lavora con passione a scatti horror e surreali e nella post produzione di fotografie di moda e pubblicità. Per conoscerlo meglio, collegatevi al sito www.manuelbravi.com
1. Qual è la tua storia, fotograficamente parlando?
Non sono un fotografo puro, nel senso che mentre studiavo grafica mi sono accorto che preferivo il fotoritocco alla grafica tradizionale. Quando mi sono trasferito a Milano ho avuto la fortuna di entrare in uno studio di postproduzione e da lì ho imparato a leggere le immagini, ritoccarle (e stravolgerle in alcuni casi). E sai, se tutti i giorni lavori fotografie di altre persone, ti viene la voglia di provare… direi che nasce tutto da lì.
2. Dal set alle foto in esterno, dal colore al bianco e nero, dalla semplicità alla sofisticatezza, dai soggetti umani ai paesaggi. La varietà sembrerebbe contrastare tra i diversi scatti ma da cosa è motivato?
Mi piacerebbe dire dalla curiosità e dal non focalizzarsi su un solo “genere” fotografico. Se sei una persona curiosa, un buon osservatore e non hai barriere su certi temi, puoi trovare interessante un sacco di cose e metterti alla prova tentando di ritrarle. L’ importante è contribuire con una visione personale, ovvero che mostri il motivo del tuo interesse. Colore e bianco e nero sono due strade così diverse e legate allo stato d’animo per me.
3. Cosa invece possono avere in comune? Come per esempio le foto incluse in “La superbia degli uomini” e quelle presenti in “Wedding Dress” (2011)?
Probabilmente i toni e i colori, oppure le luci: in tutti i progetti personali tendo a usare più le ombre che le alte luci. Amo le foto fatte da tanti grigi e neri, dove le figure, le linee, si perdono a prima vista e ti costringono a riguardarle per capire dove vanno a finire. Le due serie a cui ti riferisci sono molto diverse: la prima è un progetto personale che ho mentalizzato dopo una visita alla Biennale di Venezia di qualche anno fa: nel padiglione Italia c’era una sedia elettrica ricoperta di farfalle, insetti, e natura che mi ha talmente affascinato che ho immediatamente pensato al soggetto della foto in pieno delirio di onnipotenza. La seconda invece era semplicemente il backstage di un servizio fotografico ad un amico fotografo, che mi aveva chiamato per aiutarlo col set. Cosa possono avere in comune? Non saprei, forse il modo in cui guardo le donne? O magari nulla.
4. Quanto la post produzione incide sui tuoi lavori? Non pensi che sia qualcosa di innaturale che va a stravolgere la fotografia?
La postproduzione è parte della fotografia professionale di oggi (e non solo dato che si praticava anche in fase di sviluppo), senza di quella non avresti la perfezione grafica e pubblicitaria richiesta, non potresti nemmeno pensare creativamente ad un progetto. Personalmente non capisco quelle persone che si scagliano contro il fotoritocco solo perché si fermano a guardare gli errori commessi da non professionisti sugli “smagrimenti” delle modelle e non ne capiscono il grande valore creativo. Il fotoritocco deve essere fatto bene, e anche se estremo, deve risultare vero. Per me vale quanto detto sopra, se c’è bisogno di ritocco lo uso e finchè non mi soddisfa: provo e riprovo fino a quando il risultato non mi convince. Sui ritratti, invece, ne uso pochissimo: levo le imperfezioni che non mi piacciono, calibro i bianchi e neri come voglio ma mi limito a quelle poche cose perché cerco altro nell’ immagine.
5. Come concili la grafica e la fotografia con la musica, tua grande passione?
Tutto nasce dalla musica, ascolto heavy metal da 20 anni oramai, e mi sono avvicinato all’idea di grafica quando da piccolo ritagliavo le pagine dei giornali per creare delle copertine per i cd che masterizzavo; penso fosse una cosa davvero romantica e di amore verso quello che ascoltavo.. oggi al di là del fatto che mentre lavoro ascolto sempre musica, che asseconda l’immagine e il mio stato d’animo, penso che abbia inciso sul modo che ho di vivere e su come vedo il mondo: diciamo con tante ombre.