Vienna, la capitale austriaca situata sul fiume Danubio, è un vero paradiso per gli e le amanti dell’arte e della cultura, con una ricca offerta di musei che abbracciano secoli di storia e innovazione.
I magnifici musei di Vienna non solo custodiscono tesori artistici, ma rappresentano anche testimonianze tangibili della straordinaria eredità culturale della città. Ad esempio Il Kunsthistorisches Museum, con le sue sontuose collezioni di capolavori artistici, offre uno sguardo privilegiato sulla maestosità dell’Impero Austro-Ungarico. Al contrario, il MuseumsQuartier, ubicato nel cuore della città, è un vivace complesso culturale che ospita una varietà di musei contemporanei, gallerie d’arte e spazi creativi.
La modernità si fonde splendidamente con la tradizione nel Leopold Museum, dedicato all’arte austriaca del XX secolo, e nel Belvedere, dove i sontuosi giardini barocchi ospitano una straordinaria collezione di opere d’arte, tra cui il celebre dipinto “Il bacio” di Gustav Klimt. In ogni angolo della città, Vienna offre ai visitatori un viaggio affascinante attraverso l’arte e la storia, rendendo i suoi musei luoghi imprescindibili per coloro che desiderano immergersi completamente nella ricchezza culturale della città.
Attenzione, Vienna non è solo Klimt, Sacher e Mozart ma conserva una cultura fotografica importante e nel mio viaggio nella città cuore dell’Impero Austro-Ungarico, sono andata alla ricerca di luoghi dedicati alla fotografia tra mostre temporanee e collezioni di macchine fotografiche storiche.
1. WestLicht Museum for Photography
Museo di macchine fotografiche storiche con 40.000 tra foto e dagherrotipi e mostre temporanee
La prima tappa del mio viaggio fotografico nella capitale austriaca è stata il Museo della Fotografia WestLicht che ospita mostre temporanee, espone oltre 800 preziose macchine fotografiche storiche e fotocamere speciali oltre a fotografie di grande valore oltre ad accogliere ospiti con un angolo bar e piccolo bookshop.
Il WestLicht presenta una mostra permanente di macchine fotografiche eccezionali: macchine fotografiche subacquee, macchine fotografiche giocattolo, macchine fotografiche camuffate in ombrelli, macchine da applicare ai piccioni viaggiatori, macchine utilizzate dalle spie del KGB in scatole di sigarette e una di quelle 30 macchine fotografiche Hasselblad modificate che furono portate nello spazio con la missione Apollo.
La collezione è composta da oggetti prestati da collezioni private e dalla collezione WestLicht, comprende circa 360 modelli di tutte le epoche. In ordine cronologico, presenta le pietre miliari della tecnologia delle macchine fotografiche, a partire dai precursori della fotografia (dispositivi per il disegno e la proiezione) fino agli albori della fotografia digitale. L’esemplare di maggior valore storico del Museo Westlich è la prima macchina fotografica al mondo prodotta in commercio, la Susse Frères Daguerréotype.
Lo spazio ospita anche mostre temporanee dedicate alla fotografia contemporanea e forse il momento clou coincide con la rassegna World Press Photo con le migliori foto pubblicate sulla stampa di tutto il mondo che ho avuto la fortuna di visitare durante i miei giorni di permanenza a Vienna.
Parallelamente alla mostra World Press Photo, WestLicht ha esposto nella galleria superiore le opere della fotografa tedesca Anna Aicher legate al progetto Ranggeln. Il ranggeln è uno degli sport più antichi della regione alpina. Per il suo progetto a lungo termine “Like Father, Like Son”, Anna Aicher visita diversi eventi sportivi tradizionali, tra cui le gare di Ranggel sulla Hundstoa in Pinzgau, che dal 2010 è patrimonio culturale dell’UNESCO. Le sue fotografie non solo osservano la prova di forza dei giovani uomini, ma raccontano anche le lotte della crescita e la ricerca del proprio posto nella società.
Il WestLicht Museum è stato lanciato nel 2021 insieme alla OstLicht Gallery, inaugurata nel 2012 nella nuova area culturale dell’ex fabbrica Ankerbrot nel decimo distretto lontano dal centro che purtroppo era chiusa per allestimento durante la mia permanenza a Vienna. Rimane però un luogo assolutamente da visitare per la prossima volta che ritorno a Vienna. Lo spazio infatti si estende in una superficie di 800 m² e caratterizzata da un’architettura industriale storica che ospita mostre collettive e personali di arte fotografica contemporanea. Inoltre offre una biblioteca ad ingresso libero con 20.000 libri e riviste, un Bookshop e un bar proprio come il WestLicht Museum in centro a Vienna.
Affermandosi come la principale galleria austriaca che si occupa esclusivamente di fotografia, la Galleria OstLicht ha ospitato retrospettive complete, mostre personali e collettive concettuali di artisti del calibro di Nobuyoshi Araki, Ren Hang, Stefanie Moshammer, David LaChapelle. La OstLicht Collection conserva oltre 120.000 stampe e riuniscono capolavori del XIX secolo, moderni e contemporanei: dai capolavori vintage del XIX e XX secolo, alle fotografie iconiche di belle arti e ai classici del fotogiornalismo, fino all’azionismo viennese degli anni Sessanta e agli artisti contemporanei d’avanguardia.
L’azienda è stata fondata dall’imprenditore e appassionato di fotografia Peter Coeln, che da oltre vent’anni fornisce ai collezionisti di tutto il mondo le fotocamere e le stampe vintage più ricercate. Oltre al WestLicht Museum e alla OstLicht Gallery, ha fondato il Leica Shop nel 7° distretto di Vienna, una mecca per tutti gli appassionati di macchine fotografiche. Inoltre partecipano regolarmente alle principali fiere d’arte internazionali di fotografia, come Photo London, Photofairs Shanghai o viennacontemporary e guidano anche la OstLicht Photo Auction che due volte all’anno offre capolavori di fotografia d’autore e ha costruito una storia di risultati da record.
2. The Albertina Museum
L’ex residenza ducale con la più grande collezione di fotografia artistica in Austria
Il Museo Albertina di Vienna è un gioiello culturale incastonato nel cuore della città, situato in un imponente palazzo che affaccia sulla Ringstrasse. Questa istituzione, nata come residenza ducale nel XVIII secolo, si è trasformata nel corso dei decenni in uno dei musei d’arte più prestigiosi al mondo. La sua collezione, fondata nel 1776 dal duca Alberto di Sassonia Teschen, genero dell’imperatrice Maria Teresa, spazia dalla grafica antica (che include opere di maestri del calibro di Leonardo da Vinci, Michelangelo, e molti altri.) e moderna alle fotografie, offrendo alle visitatrici e ai visitatori un viaggio attraverso secoli di espressione artistica. Oltre alle opere d’arte, la struttura stessa è un capolavoro architettonico, con le sue sale eleganti e i magnifici ambienti che conferiscono un tocco di regalità a ogni mostra temporanea allestita al suo interno.
Attualmente è allestita la mostra temporanea dedicata al fotografo americano Joel Sternfeld, uno dei più importanti protagonisti del movimento New Color Photography (Joel Mejerovitz vi dice qualcosa?), che negli anni Settanta ha scoperto il colore nella fotografia d’arte. Nato nel 1944, Joel Sternfeld è uno dei fotografi contemporanei più influenti e acclamati, noto per il suo approccio distintivo alla fotografia di paesaggio e al ritratto ambientale. Originario di New York, Sternfeld ha guadagnato fama per il suo lavoro che combina la precisione documentaria con una profonda riflessione sulla società e sulla cultura. La sua serie più celebre, American Prospects (1978-1987), cattura infatti la vastità e la complessità degli Stati Uniti, rivelando le sfumature emotive dei luoghi attraverso un’incredibile ricchezza di dettagli e colori. Sternfeld ha trascorso anni in giro per gli Stati Uniti come osservatore critico, documentando il Paese e i suoi abitanti in tutte le loro idiosincrasie e contraddizioni.
In American Prospects si concentra sul modo in cui gli esseri umani si rapportano al paesaggio americano, un paesaggio che hanno contribuito a plasmare. Oltre a mettere a nudo un mondo naturale soggetto allo sfruttamento economico e minacciato dall’ accumularsi di danni ecologici, le scene quotidiane, spesso stravaganti, catturate da Sternfeld in questa serie permettono anche di fare inferenze sulle condizioni sociopolitiche di quell’epoca. Sternfeld è anche noto per il suo uso intelligente e sottile dell’umore nelle immagini, che spesso incorporano elementi di sorpresa e ironia.
Oltre a Joel Sternfeld in passato il Museo Albertina ha ospitato autori e autrici soprattutto legati alla storia della fotografia austriaca, solo qualche esempio: Michael Schmidt (2022), Franz Hubmann, uno dei più importanti fotogiornalisti austriaci di guerra (2021), giornalista, editore e autore di ‘Camera Austria’ Manfred Willmann (2019), Hellen Evit e Alfred Seiland (2018) e Robert Frank (2017).
Piccola curiosità: sapevi che il Museo Albertina conserva la più grande e importante collezione di fotografia artistica in Austria? Circa 100.000 tesori della storia della fotografia ripercorrono gli sviluppi più significativi del settore e forniscono un’introduzione a generi come il ritratto, l’architettura, il paesaggio e la fotografia di strada che vanno dagli inizi del mezzo fino ai giorni nostri. Infatti accanto alle mostre di fotografia contemporanea, la collezione permanente di fotografia storica che viene esposta a rotazione in occasione di esposizioni temporanee o motivi di ricerca.
3. Foto Arsenal
Il nuovo centro di fotografia contemporanea e nuovi media in Austria
L’ultimo mio consiglio sui luoghi della fotografia da visitare a Vienna è rappresentato da FOTO ARSENAL, di cui Felix Hoffmann è il direttore artistico, nuovo centro espositivo per la fotografia collocato nel MuseumsQuartier, accanto al Leopold Museum per intenderci che a fine 2024 sarà sostituita dallo espositivo presso l’Arsenale nel terzo distretto di Vienna alla fine del 2024 L’attuale sede temporanea presso il Spazi aperti e inclusivi per tutti coloro che sono interessati a sperimentare e comprendere tutte le forme del mezzo fotografico.
Foto Arsenal presenta un programma espositivo internazionale esamina la fotografia in tutte le sue forme tra immagini analogiche, digitali e in movimento attraverso prospettive storiche e contemporanee che ampliano la visione di temi attuali nel regno della fotografia. Ne sono state una prova le due mostre che ho visitato a novembre: Mari Katayama. Mine and yours e Gundula Schulze Eldowy. Schattenwinde, entrambe terminate un mesetto fa.
Mari Katayama è una straordinaria artista visiva giapponese che ha catturato l’attenzione internazionale per il suo lavoro audace e provocatorio. Nata nel 1987 a Saitama, in Giappone, Katayama ha affrontato sfide fin dalla nascita a causa di una malformazione congenita alle gambe e alle mani. Questa esperienza personale è diventata il cuore del suo lavoro artistico, che si esprime attraverso la fotografia, la scultura e le performance. Le sue opere affrontano tematiche di corpo, identità e bellezza in modo potente e senza compromessi. Katayama spesso diventa la protagonista delle sue fotografie, creando immagini viscerali che sfidano gli stereotipi e celebrano la sua unicità spingendosi oltre i confini artistici e culturali e ispirando riflessioni profonde sul corpo e sulla diversità attraverso il suo impatto visivo e concettuale.
Al centro della pratica di Katayama c’è la vita quotidiana all’interno del proprio corpo, che utilizza come scultura vivente, manichino e lente attraverso cui riflettere la società. La combinazione di oggetti cuciti a mano, sculture e fotografie di Katayama sfida gli spettatori a interrogarsi sul corpo e sulla sua complessa relazione con l’ambiente circostante e la società.
L’evoluzione artistica di Katayama si è espansa dall’autoritratto all’interno della propria stanza all’andare all’aperto, catturando i corpi degli altri e invitando l’aiuto degli altri. Queste esperienze non solo hanno ampliato il suo approccio artistico, ma hanno anche fatto capire a Katayama la difficoltà e il potere del “vivere insieme”. È arrivata anche a riconoscere che non può dire di essere l’unica proprietaria del suo corpo, la cui vitalità è resa possibile solo da numerose persone e meccanismi di supporto, come le protesi che conoscono il suo corpo meglio di lei, il sistema di assistenza ai disabili, la sua famiglia e i suoi amici.
Invece la seconda mostra personale che ho visto presso Foto Arsenal era dedicata a Gundula Schulze Eldowy: 120 fotografie in bianco e nero e a colori e un video, realizzate tra il 1977 e il 1990, prevalentemente a Berlino Est, Dresda e Lipsia: immagini austere e critiche della civiltà di una delle più importanti rappresentanti della fotografia tedesca.
Una pecora emaciata in un mattatoio, ballerine che danzano alla sbarra e una partoriente su una sedia da parto intrisa di sangue – Tra la fine degli anni Settanta e la caduta della DDR, Gundula Schulze Eldowy ha creato un ritratto accattivante di Berlino e della Germania dell’Est con immagini inquietanti e toccanti. Lontana dalle commissioni ufficialici offrendo un contrappunto alla sua narrazione ufficiale., l’artista si è spinta oltre i limiti dei tabù della società, ritraendo costantemente gli emarginati e gli indigenti, così come il degrado, la solitudine, le assurdità e le realtà quotidiane della vita nella Germania dell’Est di quel periodo, geograficamente vicino all’Occidente ma internamente distante. verso la profonda alienazione dell’umanità nell’ambito della civiltà moderna.