Finalmente, dopo anni che mi promettevo di andarci, sono riuscita a visitare Fotografia Europea a Reggio Emilia. In quei giorni mi trovavo a Bologna per un colloquio e mi sono detta: “Perché no?” e così presi i biglietti del treno e invitai una mia carissima amica a venire con me.

Ogni anno la manifestazione presenta un tema differente, quest’anno è Vedere. Uno sguardo infinito. In un’ermetica frase riunisce l’essenza della fotografia che per esistere ha bisogno di occhi attenti ma anche di una sensibilità capace di andare oltre all’apparenza. È la stessa fotografia che rende eterno quell’attimo unico e irripetibile.

La prima tappa del mio personale tour, influenzato anche dalla chiusura di molte mostre in quella mattina, è stata la mostra inserita nell’ ambito di FE2014 a Palazzo Magnani Un secolo di grande fotografia. Mi ha colpito subito la frase di Man Ray posta all’ingresso:

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L’esposizione, curata da Margit Zuckriegl e Walter Guadagnini, è composta da 150 scatti provenienti dalla collezione Fotografis della Bank Austria- Unicredit Art Collection. Si tratta in realtà di una selezione su oltre 600 capolavori acquisite dal 1975 al 1985, mai smembrata e conservata dal 2009 presso il Museum der Moderne di Salisburgo. La mostra è divisa in sezioni (Gli inizi, Pittorialismo, Ducumentare, New Vision, Surrealismo e dintorni, Dopoguerra, Verso il futuro) che permettono di osservare l’evoluzione della fotografia. Si parte con gli iniziatori del mezzo come Nadar e Eadweard Muybridge e con il pittorialismo di Alfred Stiglitz (1) e Edward Steichen per poi rivivere le avanguardie con fotografie dei più grandi esponenti: Herbert Bayer (2), Man Ray (3), Kértetz. Ero come una trottola impazzita scappavo da una sala all’altra per l’incredulità e meraviglia di osservare così tanti capolavori. Il colpo più forte è stato con Blind di Paul Strand (4) perché non sono riuscita a trattenermi dalle lacrime! Non potevo credere di essere lì, di avere la fortuna di presentarmi a tutte quelle foto che vedi stampate sui libri,  pronte a parlarti e a comunicarti la loro storia! A conclusione del viaggio, non potevano mancare Herni Cartier-Bresson, Weegee e gli altri fotografi di reportage così come Mario Giacomelli, Diane Arbus (5) e la fotografia concettuale.

Come i sassolini di pollicino, seguivo i segni di FE sparsi per la città (6-9), uno di questi mi ha condotta verso la doppia personale di Silvia Camporesi e Marco Ferri presso la Galleria Bonioni Arte dal titolo Con occhi di riguardo (10).  I due fotografi presentano circa venti opere tra fotografie ed istallazioni: la Camporesi ha presentato scatti dalla serie Indizi terrestri (11) e divisi in tre parti (Geografia, Il secondo viaggio, Esercizi per il ritorno) mentre Ferri otto dittici composti da quadri e fotografie (12-13). Ogni fotografia, di luoghi storici o abbandonati, è accompagnata da un piccolo quadro ligneo fatto di intagli e pieghe poi ripreso in piccolo nella foto. Ma osservando la fotografia di sbieco sono riuscita a notare che il piccolo elemento fuoriusciva dal piano rendendolo bidimensionale, cosa che di fronte non si vedeva! A completare la mostra una piccola istallazione dalla serie Per certi versi composta da piccole cassette di legno dipinte (14) .

Un alto segno mi porta alla Galleria d’Arte 2000&NOVECENTO che ospita Sconfinamenti. Vintage ed unicum di Nino Migliori (15-16). Il fotografo bolognese si caratterizza qui per la sua creatività quasi visionaria puntando alla sperimentazione di materiali e tecniche. Le opere esposte si dividono in tre gruppi databili dal 1955 al 1977: Muri, Herbarium e Polarigrammi. Il primo riunisce fotografie di muri che testimoniano i segni del tempo come cadute di intonaco o scritte di passanti (17); nel secondo invece sono protagonisti foglie e fiori posti tra due vetri e successivamente stampati in laboratorio, presentati singolarmente o in dittici (18). Incredibile osservare la loro microscopisca struttura interna e i colori derivati! Infine le sperimentazioni off-camera dei Polarigrammi, geometrie complesse e colorate, realizzate con della plastica trasparente posta tra due lenti polarizzate (19).

Sono tornata a casa felice del mio piccolo tour, piena di cartoline, chiacchierate con galleriste e soddisfatta del mio “lavoro” con la voglia di raccontare la mia esperienza che mi auguro essere solo la prima di una lunga serie.