Potrei passare ore ad osservare quegli attimi resi eterni dalla poesia visiva di un fotografo come Gianni Berengo Gardin, ora in mostra preso il Palazzo Ducale di Genova fino all’ 8 giugno 2014.
Nato nel 1930 a Santa Margherita Ligure, Berengo Gardin documentò con sguardo discreto, importanti cambiamenti culturali, sociali e paesaggistici della storia contemporanea italiana dalla fine degli anni ’50 ad oggi. Dalla prima esperienza giovanile presso Il Mondo di Mario Panunzio, iniziò a lavorare come fotografo professionista dalla metà degli anni ’60 indirizzando la propria ricerca non solo al reportage ma anche all’ architettura e all’ ambiente. Collaborò con il Touring Club Italiano, l’ Istituto Geografico De Agostini e con numerose riviste italiane e straniere come Domus, L’ Espresso, Time e Stern.
La grande retrospettiva dedicata al maestro della fotografia italiana è curata da Denis Curti e consta di circa 200 fotografie. In particolare è presente una sezione destinata alla “sua” Genova con immagini dal 1969 al 2002 la cui maggior parte inedite. Il fotografo ligure documenta la ricostruzione tra gli anni ’80 e ‘90 del Porto antico secondo il progetto dell’ architetto Renzo Piano. È un omaggio alla città di Genova fatta di navi in partenza, operai sospesi ad altezze vertiginose, palazzi in costruzione che stravolgono inevitabilmente il paesaggio. L’ antologica genovese permette di rivivere tempi, spazi e visioni che apparentemente non esistono più. È possibile osservare anche scatti dai suoi reportage sociali come Dentro le case e Morire di classe oppure di fotografia industriale presso importanti aziende nostrane come Alfa Romeo, Olivetti e Ansaldo. Poi ci sono i baci, quel soffio di romanticismo che in Italia, durante gli anni del dopoguerra, era severamente vietato mostrare in pubblico.
La sua grandezza è testimoniata da centinaia di libri fotografici pubblicati, da numerose mostre personali e altrettante opere conservate nei musei di tutto il mondo e da un immenso archivio formato da circa un milione e mezzo di negativi. Il fotografo ligure ha saputo vedere il bello nel silenzio camminando tra la gente comune in attesa della giusta intesa. Ad accompagnarlo da sempre, la pellicola in bianco e nero che permea i suoi scatti di un aura di nostalgica essenzialità senza tempo. Gesti semplici e quotidiani che diventano nel loro silenzio icone universali in cui lo spettatore può istintivamente riconoscersi.