Ogni volta che incontro Henri Cartier-Bresson è sempre un pugno dello stomaco e la lacrima è d’obbligo! La grande retrospettiva a lui dedicata a Roma presso il Museo dell’ Ara Pacis (fino al 25 gennaio 2015) che segue quella parigina, ha superato le mie aspettative ed è difficile riuscire a descrire l’esperienza vissuta.
Entusiasmate prima di tutto per la corposa selezione di materiale, ben 500 tra fotografie, disegni, riviste e video che, attraverso un buon allestimento, è stata capace di dare nuova luce alle sue foto più note e rivelare aspetti poco conosciuti della sua vita sia personale che professionale. Con l’agendina in mano, mi appuntavo frasi, foto e impressioni generali e al termine del percorso, avevo desiderio di ricominciare dall’inizio!
La mostra, curata da Clément Chéroux, è stata realizzata dal Centre Pompidou in collaborazione con la Foundation Herni Cartier-Bresson di Parigi per celebrare i dieci anni dalla morte de “l’occhio del secolo”. Il percorso espositivo copre l’intera carriera del fotografo francese, dagli esordi pittorici fino all’abbandono ufficiale della fotografia negli anni ’70. Mi ha colpito scoprire i suoi primissimi scatti raccolti in album, i disegni su lettere inviate alla madre, gli esordi cubisti in pittura cubista, i primi viaggi in Africa e l’influenza di Atget e della Nuova Visione. HCB è il surrealista, stimolato dai concetti teorizzati da André Breton quali “l’esplosivo fisso”, “l’erotico velato” e il “magico circostanziale”. Infatti, nella celeberrima Dietro la Stazione di Saint-Lazare (1932) accade proprio questo: un evento percepito simultaneamente in movimento e a riposo o che possa nascere dall’incontro fortuito tra casualità indipendenti. Quanta magia si nasconde dalla capacità di alcuni oggetti se velati, di stimolare la curiosità dell’osservatore?
Cartier-Bresson è anche un attivista politico (1936-46) affianco dei comunisti spagnoli ed è assistente e attore per Jean Renoir come in La vie est à nous e Una partie en campagne (1936) e La Règle de jeu (1939). E’ colui che, in seguito alla II Guerra Mondiale, fonda l’Agenzia Magnum Photos ed è il fotoreporter a Londra per l’incoronazione di Giorgio VI, a Cuba dopo la crisi dei missili, in Russia dopo la morte di Stalin e in Cina e il regista di documentari sul rientro dei prigionieri in Germania (Le Retourn del 1945). È il ritrattista su commissione di artisti come Giacometti e Matisse ed è colui che per necessità professionale utilizza la fotografia a colori. E’ l’antropologo visivo che fotografa scioperi e manifestazioni perché la folla incarna il principio comunista del potere al popolo e negli anni del boom economico, e documenta la società dei consumi. Negli anni ’70 si ritira dalla fotografia di reportage dedicandosi a scatti di piacere, più intimi e posati, a visitare musei ritornando inoltre, al suo primo amore: il disegno.
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