Ho avuto un’adolescenza tranquilla, nessun gran dramma in particolare. I miei genitori non mi hanno mai fatto mancare nulla: andavo a scuola, uscivo con le amiche il sabato sera e due volte a settimana avevo gli allenamenti di pallavolo. Ovviamente qualche litigata c’era ma tutto nella norma.
Parallelamente esistono altre storie (ma va la scoperta dell’acqua calda) di adolescenti che hanno avuto altre esperienze come quella di Chiara Fossati racconta in Whatever, il suo nuovo libro edito da Cesura Publish

© Chiara Fossati
Qual è il mondo senza regole che descrivi (e sognavi) in Whatever? Hai affermato di aver vissuto in questa speciale famiglia adottiva durante l’adolescenza, Cosa vuol dire per te averne fatto parte?
Ricordo perfettamente la prima volta che sono andata ad un rave perché per la prima volta non mi sentivo sbagliata né diversa. Sono cresciuta in provincia con tanta fame di vita e tanti sogni, e quello che la società si aspettava da me mi stava veramente stretto. Tutti i ragazzi che ho conosciuto alle feste avevano una visione molto simile alla mia, che sostanzialmente si basava sul fatto che nessuno poteva dirti quello che dovevi essere, né come apparire, né qual’è il limite dei tuoi desideri. E averne fatto parte, specialmente in un periodo così formativo come l’adolescenza, è stato sicuramente fondamentale per gettare le basi della persona che sono ora, e anche se sono cambiate tante cose, sicuramente è in quel periodo che ho imparato a non smettere mai di inseguire i miei sogni e di lottare per essi.

© Chiara Fossati
Perché ripescare dal passato queste fotografie e decidere di farne un libro ?
In realtà l’idea di farne un libro è di Arianna Arcara, mia collega e amica di Cesura, che ha anche curato il libro insieme ad Alex Majoli. Oltre al fatto che sarebbe stato un peccato lasciare tutti quei negativi chiusi in un baule, ora è sicuramente passato abbastanza tempo per poter guardare alla sotto cultura rave in un modo differente, riconoscendogli i giusti meriti.

© Chiara Fossati
Che tipo di pregiudizi ci sono nei confronti della cultura rave? Cosa non capisce chi non ne fa parte?
Ho sentito mille volte e purtroppo continuo a sentire un sacco di commenti di persone esterne che liquidano i raver come un gruppo di sballoni che cercava solo un luogo per potersi drogare. La superficialità di queste persone è spaventosa, e lo è ancora di più quando arriva da tastiere di gente che probabilmente ha passato l’adolescenza senza mai guardare oltre al proprio naso. Noi abbiamo passato la nostra a viaggiare per l’Europa, diventando indipendenti, conoscendo centinaia di persone, confrontandoci con culture e facendo progetti. Vivendo insomma.

© Chiara Fossati
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Chi è Chiara Fossati

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Chiara Fossati si forma come fotografa allo Studio Fondazione Marangoni di Firenze e al Goldsmith College di Londra (master in fotografia e culture urbane) ed entra poi a far parte del collettivo fotografico CESURA. Qui lavora anche come assistente del fotografo Alex Majoli, al tempo presidente di Magnum Photos.
Nell’estate 2014 prende parte al Danube Revisited: The Inge Morath Truck Project, dove ricopre il doppio – e insolito – ruolo di fotografa e camionista. Dal 2016 ha lavorato come studio manager per il fotografo Davide Monteleone e ora per l’artista Paolo Ventura. Dal 2017 insegna storia della fotografia contemporanea allo IED di Milano.
Nel 2018 vince il Premio Marco Pesaresi per la fotografia contemporanea con il suo progetto Villaggio dei Fiori. Dal 2020 ritorna a far parte del collettivo CESURA, con cui ha appena pubblicando il suo primo libro: Whatever.