Seconda parte del mio Diario di Viaggio a Roma. Dopo la mostra Magnum Manifesto presso il Museo dell’Ara Pacis siamo andati a visitare uno degli esempi più interessati di archeologia industriale: la Centrale Montemartini.
Un mese vi ho raccontato le mie impressioni relative alla mostra Magnum Manifesto con i suoi pro e si suoi contro che mi hanno lasciato non totalmente entusiasta dell’esposizione. Se da una parte ero entusiasta ovviamente per le foto e la loro storia, un po’ meno per alcuni particolari tecnici per quanto riguarda l’allestimento. Ad arricchire la mattinata c’è stato un simpatico aneddoto: due commessi di un forno incontrato per caso in zona Montecitorio che mi chiesero se fossi di Milano peccato deluderli rivelando la mia origine. Al già del piccolo e simpatico siparietto, la mia vera meta per il pranzo era la mitica Gelateria della Palma accanto al Pantheon, in via della Maddalena, famosa per una vastissima scelta tra 150 gusti. Sfortunatamente la maggior parte del locale era chiuso per lavori e mi sono dovuta accontentare di una piccola vetrina, peccato! Non c’era tempo da perdere, la metro A e poi la B mi aspettavano per raggiungere il quartiere della Garbatella e precisamente il Museo della Centrale Montemartini mi aspettava. Solitamente quando torno a Roma per vedere una mostra o per altri impegni ne approfitto per visitare un posto nuovo e questa volta siamo rotolati verso sud sulla via Ostiense.
Ero molto curiosa di visitare il Museo della Centrale di Montecatini perché rappresenta un classico esempio di archeologia industriale dove il contemporaneo e l’antico provano (e forse riescono) a convivere in pace. Il museo nasce nel 1997 in seguito alla ristrutturazione della prima centrale elettrica pubblica romana per ospitare la mostra temporanea “La Macchina e gli dei”. I contrasti sono tanti, il passato e il contemporaneo, il bianco della scultura antica il grigio dei macchinari industriali. Nei primi anni del 2000 parte delle sculture dei Musei Capitolini al Campidoglio vengono trasferite qui diventandone sede spazio museale permanente. L’opera rientra in un più grande progetto che coinvolge l’intera area: il Mattatoio, il Gazometro, gli ex Mercati Generali e altre strutture portuali. L’interno è diviso su più piani dove tra mosaici, sculture, fregi e treni papali, ho avuto modo di tuffarmi doppiamente nel passato e osservare una tipologia di allestimento a volte rischioso. L’odore ferroso dei macchinari ha accompagnato la mia visita e quella di altri turisti che si aggiravano tra le sculture con stupore.
Un passato fatto di sculture dall’età repubblicana alla tarda età imperiale provenienti per la maggiorpate da scavi romani post unitari come l’area sacra presso largo Argentina e le domus in zona Equilino. L’intreccio con il mondo moderno invece è rappresentato da due giganti motori Diesel della centrale inaugurata nel 1912 dalla poco precedente Azienda Elettrica Municipale e intitolata in ricordo di Giovanni Montemartini, Assessore al Tecnologico. La vicinanza al Tevere e la lontananza dalla cinta daziale sono state la sua fortuna perché permise alla centrale di avere continuamente a disposizione acqua corrente e non pagare tasse donagali. Dopo una cinquantina d’anni di attività, la centrale Montemartini spense definitivamente i motori tra il 1963-65 anno diventando qualche decennio dopo un museo. Prima di tornare a Bologna, avevo in programma un’altra tappa culinaria: il WOK ODOROKI! Si tratta di un ristorante asiatico buonissimo, provate provate provate!
Foto: © Luciana Travierso
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