C’è sempre la prima volta e la mia ultima “prima volta” è stata il Festival della Fotografia Etica a Lodi, giunto alla 12° edizione.

Un festival tutto sommato giovane (rispetto ad esempio al neo concluso SI FEST) ma che dimostra di avere una chiara identità, votata al fotogiornalismo e alle storie di attualità provenienti da tutto il mondo. Lo dimostra il grande coinvolgimento di pubblico che ho visto in prima persona e che potete vivere fino al 24 di ottobre con oltre 20 mostre in programma, visite guidate e incontri.

 

IN RICORDO DI GINO di Giulio Piscitelli
Museo Paolo Gorini

Punto di partenza della mia esperienza al Festival della Fotografia Etica di Lodi è stata la mostra In ricordo di Gino, un estratto del progetto Zakhem | Ferite La guerra a casa di Giulio Piscitelli.

Nel 2018 Giulio Piscitelli ha fatto visita ai centri ospedalieri di EMERGENCY in Afghanistan, precisamente a Kabul e Lashkar-gah, incontrando le vittime di guerra e documentando la sofferenza dei civili, l’operato dei medici e la forza del popolo afgano.

© Giulio Piscitelli

La  mostra già forte di per sé, diventa un omaggio a Gino Strada, scomparso poco tempo fa, lasciando tutti e tutte sconvolti/e me compresa perché Gino era (ed è)  un punto di riferimento, un ideale fatto a persona di forza e di umanità.

Anche il festival ha un legame particolare con EMERGENCY perché è stata una delle prime ONG a collaborare con loro fin dalla prima edizione nel 2012 con la mostra di Mario Dondero, nel 2014 quella di Simone Cerio e nel 2019 con Zakhem | Ferite La guerra a casa di Piscitelli.

 

EXODUS e CONSUMED BY GRIEF di Nicolò Filippo Rosso
Palazzo Barni

Palazzo Barni è il fulcro delle mostre di Fotografia Etica che raccoglie la maggior parte delle mie mostre preferite, a partire da Exodus e Consumed by grief di Nicolò Filippo Rosso. I due progetti hanno vinto rispettivamente le sezioni MASTER e SHORT STORY del World.Report Award | documenting humanity 2021, il concorso internazionale organizzato dal Festival della Fotografia Etica.

Exodus è un viaggio durato 4 anni seguendo le rotte migratorie in America Latina come Colombia, Venezuela e Messico a fianco di chi si incammina per oltrepassare il confine alla ricerca di un futuro migliore. Scelta forzata, conseguenza di povertà, mancanza di lavoro e  analfabetismo a cui si aggiungono calamità naturali e politica corrotta.

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©Nicolò Filippo Rosso_World Report Award Master_FFE21 Una ragazzina guarda il bicchiere di plastica vuoto con cui chiede l’elemosina, lungo una strada della capitale Bogotà.

Spesso chi si incammina, non raggiunge la meta desiderata e Nicolò Filippo Rosso lo racconta in Consumed by grief : 13 corpi morti di migranti portati indietro nel loro villaggio in Guatemala dopo essere stati uccisi probabilmente dalla polizia messicana nel tentativo di oltrepassare il confine. I funerali rappresentano un momento di lutto per tutto il villaggio che li omaggia con una lunga marcia con l’accompagnamento musicale di una banda. L’avvenimento però non ha fatto desistere molti altri ad intraprendere il viaggio verso il confine.

 

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©Nicolò Filippo Rosso_World Report Award Short_FFE21 Persone della comunità camminano verso il cimitero di Tuilelen per la sepoltura di Rivaldo Jimenez Ramirez, Santa Cristina Garcia e Ivan Gudiel Pablo. Le vittime del massacro di Tamaulipas avevano investito tutto ciò che avevano per pagare un “coyote” e poter raggiungere gli Stati Uniti in cerca di una vita migliore.

Per Nicolò Filippo Rosso la fotografia è una forma di protesta necessaria finché esisteranno le ingiustizie e la gente continuerà a soffrire. Dalle sue foto e sue parole infatti traspare un forte senso di responsabilità nel raccontare la loro storia in maniera rispettosa. Oltre ad un ruolo politico e sociale, per l’autore la fotografia ha un ruolo catartico aiutandolo a capire molto di sé e della distanza (non solo geografica) con chi è fotografato.

 

THE SCARS di Jędrzej Nowicki
Palazzo Barni 

Sempre a Palazzo Barni è ospitata la mostra The scars di Jędrzej Nowicki, vincitore del SPOTLIGHT AWARD, un resoconto di quelle che vengono considerate le più grandi proteste antigovernative della Bielorussia.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono stati resi noti, tra la notte del 9 e 10 agosto 2020, i risultati delle ultime elezioni preliminari avevano dichiarato una maggioranza di voti verso il Presidente Alexander Lukashenko, in carica da 26 anni. La notizia ha causato accese proteste e la repressione da parte degli organi militari statali è stata altrettanto violenta sia fisicamente che psicologicamente.

 

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©Jędrzej Nowicki_World Report Award_FFE21 Alexander, uno dei manifestanti arrestati, posa per un ritratto davanti al centro di detenzione di Okrestina Street a Minsk, in Bielorussia. Alexander stava andando a casa di un amico quando è stato catturato dai militari durante la prima notte delle proteste, il 10 agosto 2020. Ha trascorso 4 giorni in custodia cautelare. È stato picchiato più volte. Alexander studia al Politecnico di Minsk

 

Ne sono un esempio Alexander e Artiom, due ragazzi arrestati dalla polizia mentre tornavano a casa in quei giorni di protesta e le donne vicino al centro di detenzione a Minks con in mano fiori bianchi, simbolo delle proteste in Bielorussia.

 

THE DESCENDANTS OF WOLVES di Jana Mai
Palazzo Barni 

La fotografa tedesca Jana Mai è vincitrice dello Student Award con il  progetto THE DESCENDANTS OF WOLVES che racconta la storia dei gagauzi.  Popolo di minoranza turca e di fede ortodossa cattolica, i gagauzi vivono in una piccola regione autonoma in Moldavia, la Gagauzia appunto.

Sconosciuti a molti, i gagauzi conservano antichissime tradizioni, come la venerazione verso il lupo, simbolo di indipendenza. che secondo la leggenda, avrebbe salvato e accudito  bambino sopravvissuto all’attacco dei nemici.

 

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©JanaMai_World Report Award_FFE21 Il lupo ha un grande significato nella vita dei gagauzi. Le tracce della venerazione di questi animali sono state tramandate attraverso una leggenda. Il lupo rappresenta un simbolo di indipendenza e la sua testa è raffigurata sulla prima bandiera con cui i Gagauzi hanno chiesto l’autonomia dalla Moldavia.

Purtroppo la difficile situazione economica della Moldavia, costringe molti giovani a trovare fortuna in Russia o nel resto d’Europa, provocando il progressivo abbandono della terra degli antenati di prevalenza votata all’agricoltura e pastorizia, e la perdita della lingua e le tradizioni. Anche la quasi onnipresenza russa nelle tv e nelle scuole contribuisce all’abbandono delle tradizioni linguistiche e folkloristiche dei gagauzi che vede indossare i costumi tradizionali solo in occasione di feste particolari come il 30° anniversario della capitale.

Il catalogo della 12° edizione del Festival della Fotografia Etica è edito da Emuse

In copertina:© Bulent Kilic_AFP_FFE21