Prima che entrasse in vigore l’ultimo DPCM che sanciva la nuova momentanea chiusura di mostre e musei dal 6 novembre, sono riuscita a visitare una delle mostre che avevo in programma. Si tratta di Criminis Imago. Le immagini della criminalità a Bologna attraverso le immagini di due fotografi bolognesi, Walter Breveglieri e Paolo Ferrari presso l’Oratorio di Santa Maria della Vita di Bologna.
A cura di Giuseppe Amato, Procuratore Capo di Bologna e Marco Baldassari, responsabile dell’Archivio Ferrari di Genus Bononiae, la mostra racconta le pagine di cronaca più nera della storia di Bologna a partire dagli anni ‘50 fino ai primi anni del 2000 come la Banda Casaroli, gli omicidi del D.A.M.S. e la strage del 2 agosto a Bologna. Accanto alle fotografie, una sezione è dedicata alle divise storiche, macchine fotografiche dei due autori, rilievi fotografici e oggetti utilizzati dalla polizia scientifica. Spero tanto che riapra presto, nel frattempo vi racconto la mia esperienza!
Walter Breveglieri
Sono convinto di aver fornito con le immagini del mio archivio un piccolo contributo alla storia del nostro tempo
Il mio approccio alla mostra inizia con le immagini di Walter Breveglieri che, come autore non conoscevo e ne avevo sentito vagamente parlare per un’altra mostra a lui dedicata lo scorso anno sempre qui a Bologna. La sua carriera di fotoreporter si intreccia con quella di molti famosi giornalisti come Enzo Biagi e diventa inconsapevole testimone di crimini come la Banda Casaroli, autrice di rapine e rocambolesche fughe per le vie di Bologna e omicidi/suicidi. Ispirato dalle reali vicende della Banda Casaroli, il regista Floriano Vancini girò per le vie di Bologna il film La Banda Casaroli (1962) con attore protagonista Renato Salvatori. Walter Breveglieri partecipò alla produzione cinematografica come fotografo di scena, chi meglio di lui poteva sapere infatti i retroscena del crimine?
Ettore Grande, Rita Fort e il Nigrisoli sono altri dei delitti documentati da Walter Breveglieri ed esposti in sala. Storie di amanti, misteri irrisolti ed ergastoli, in ognuno, ciò che mi ha impressionato di più sono stati gli sguardi, i gesti dei suoi soggetti fotografati sia che essi siano accusati, avvocati, testimoni, pubblico o giudici. Quella che si racconta poi non è solo la storia del crimine, ma anche usi e costumi di un decennio relativamente lontano da noi e di luoghi di Bologna poco conosciuti come la Corte di Appello che ha al suo interno splendidi affreschi barocchi di Pelagio Palagi e altri che si inseriscono in una cornice architettonica neoclassica.
Walter Breveglieri non si è occupato solo di cronaca nera ma è stato ad ogni modo un testimone della storia della città di Bologna come eventi sportivi. Queste e tante altre fanno parte del sua archivio, Fotowall, fondato nel 1946 così come l’omonima agenzia fotografica in collaborazione con altri colleghi fotografi quali Aldo Salmi, Alceo Trouché, Eros Biavati e Maurizio Parenti chiusa poi nel 1972. Attualmente l’archivio, gestito dalla casa editrice Minerva, ospita circa 250.000 tra negativi, lastre e stampe che raccontano eventi di varia natura locali, nazionali e internazionali dal 1945 ai primi anni 70.
Paolo Ferrari
Pensavo di lavorare per la cronaca e invece lavoravo per la storia
Associated Press
L’altra metà della mostra Criminis Imago è dedicata al fotogiornalista bolognese Paolo Ferrari, dalla carriera universitaria e lavorativa tra l’Italia e gli Stati Uniti avendo studiato alla Columbia University di New York e lavorato per l’ agenzia di stampa Associated Press. Nella sua Bologna ha contribuito a raccontare altre pagine di cronaca di Bologna avvenuti negli anni di Piombo, tra gli anni 70 e i primi del 2000. Forse uno dei tragici eventi che mi ha colpito maggiormente è stato l’omicidio a soli 35 anni della più promettente e lungimirante critica e curatrice d’arte, assistente di Renato Barilli, Francesca Alinovi, presentato in mostra nella sezione dei cosiddetti “delitti del D.A.M.S.” insieme agli omicidi di Angelo Fabbri, un assistente di Umberto Eco e Francesca Polvani, disegnatrice di gioielli.
Un’altra serie di fotografie realizzate da Paolo Ferrari in quegli anni e successivi riguarda sequestri di persona atti terroristici come l’uccisione del giuslavorista Marco Biagi o la Uno Bianca. La mattina del 2 agosto 1980, quando esplose un ordigno posto nella sala d’aspetto della 2° classe della stazione di Bologna centrale, Paolo Ferrari si trovava in vacanza sul litorale dell’Adriatico e tornò a Bologna di corsa per documentare l’accaduto con la sua Olympus 35mm anche le successive fasi del processo. Non c’è bisogno di dire molto sulla tragicità e la violenza delle immagini fatte di lenzuoli bianchi macchiati di sangue a coprire i cadaveri, di macerie e di stanze di ospedali. Sono immagini forti, che anche non avendole vissute direttamente, colpiscono e colpiscono forte in malo modo. Soprattutto se accostate ad altri avvenimenti come la strage di Ustica avvenuta 36 giorni prima della Stazione di Bologna e dell’ Italicus e del Rapido 904 avvenuti rispettivamente nel 1974 e nel 1984 presso San Benedetto Val di Sambro tra l’Appennino Tosco Emiliano.
L’ Archivio di Paolo Ferrari è curato da Genus Bononiae dal 2015 e si trova negli spazi dello studio FN in via Marsala qui a Bologna. All’interno sono contenuti circa un milione di negativi 35 mm in bianco e nero, altrettante immagini digitali, 400.000 tra negativi a colori e diapositive. Si può ben intuire come la copiosità di materiale è riflesso di altrettante tipologie di eventi, dallo sport al cinema, dalla politica a calamità naturali come i terremoti in Friuli e Irpinia, documentati in un arco temporale ampio, che va dagli anni ’70 ai primi del 2000.
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