L’edizione zero di Transizioni. Fotografia in movimento si è conclusa ieri, dopo una tre giorni piena di incontri, dialoghi e proiezioni in giro per la città di Bologna.
La fotografia è frutto sì del movimento fisico del fotografo ma, una volta stampata, diventa un oggetto statico. Il festival, nato grazie al fotografo Francesco Acerbis e Irene Pancaldi, rispettivamente Direttore artistico e Responsabile comunicazione culturale, mi ha dato nuovi spunti da approfondire in futuro. Per la verità all’inizio, seppur entusiasta per questa nuova manifestazione, non avevo ben chiaro che cosa si intendesse per slide show! Mi chiedo: perché scegliere la proiezione fotografica come una forma narrativa?È questo il futuro della fotografia? Ho deciso di andare agli incontri infatti per la curiosità di scoprire un nuovo punto di vista da cui osservare la fotografia. Spinta dalla continua necessità di confronto, di capire se le mie riflessioni avessero un senso oppure no. Interessante è stato la presentazione al Modo Infoshop del progetto Almost Europe del fotografo veneziano Luca Nizzoli Toetti che ha raccontato il suo viaggio attraverso l’Europa e gli europei, la vita quotidiana e le culture. Ne scaturisce un trama di sguardi confluito in un libro finanziato in parte dal crowdfunding, una sorta di colletta pubblica al fine di realizzare un progetto. Questo è stato il tema di una delle conversazioni di chiusura, Finanziare le storie in presenza di Silvana Davanzo, photoeditor e ambasciatrice italiana di kisskissbankbank), lo stesso Nizzoli Toetti e il critico Maurizio Garofalo. È affascinante tale dedizione, impegno e condivisione!
Il festival è stata anche occasione per visionare proiezioni, a partire dal video di apertura presso Spazio Labò di Sleeping Soldiers di Tim Hetherington, fotografo morto nel 2011 durante la guerra civile in Libia. Ed è proprio la guerra e i suoi soldati ad essere i protagonisti. Soldati che sono stati immortalati durante il loro sonno. Il video, tripartito, era composto da una foto centrale e affiancata lateralmente da immagini in movimento. Avevo la sensazione che, oltre alle scene di guerra, ciò che mi destabilizzava era proprio il contrasto tra l’immagine fissa al centro e le altre in movimento…a cosa dare priorità? Alle foto, ai video o al rumori assordanti di proiettili e bombe? Anche Blanco di Stefano De Luigi che indaga la condizione dei ciechi, Solo, Piano-NYC di Anthony Sherin sulle sorti di un pianoforte lasciato su un marciapiede in balia dei passanti e Welcome on board di Patrice Terraz si sono dimostrati degni di questo festival. Non vedo l’ora che arrivi il 2015 per vivere la nuova edizione.
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