Piero Percoco, alias therainbow_is_underestimated, è uno dei fotografi che apprezzo maggiormente per la professionalità e l’umanità. La conferma è arrivata dopo averlo ascoltato e conosciuto in occasione dell’incontro CONTEMPORARY RASH Nuovi linguaggi della fotografia contemporanea in Italia qui a Bologna.

 

Da cosa nasce la tua fotografia?

La mia fotografia è nata spontaneamente, come un’esigenza personale e vitale perché non avendo possibilità di andare all’estero, mi sono concentrato sul raccontare la quotidianità a Sannicandro di Bari, in Puglia. 

Non mi ha mai interessato fare il fotografo senza arte, come solo e semplice esecuzione, mi piacciono molto i lavori commerciali creativi ma devo essere libero di esprimermi liberamente come è successo per i vini Tomaresca o le borse Marni. In quest’ultimo caso ad esempio mi hanno mandato la merce da fotografare giù in Puglia perché è il mio habitat naturale e lavoro bene e non sarei riuscito a scattare in studio, non mi sarei sentito a mio agio.

Dopo dieci anni di sacrifici personali e lavorativi sto raccogliendo importanti risultati. Sono felicissimo infatti di aver collaborato con riviste internazionali come AirBnb Magazine di Los Angeles con un lavoro sulla Calabria o con il cantante Giorgio Poi che ha scelto una mia fotografia per la copertina del singolo Erica cuore ad elica uscito lo scorso ottobre.

Piero Percoco

© Piero Percoco

 

A proposito dei soggetti delle tue fotografie, cosa ti colpisce di loro e come ti approcci? 

Assolutamente l’autenticità e l’energia irrefranabile che mi trasmettono le persone. Quando decido di fotografarle, vado di pancia e mi avvicino per scoprirne i particolari, sempre con il mio iPhone. In questo modo è molto più semplice fotografare la loro spontaneità perché mi permette di non dare nell’occhio al contrario di una reflex. 

Uso lo smartphone anche perché quando ho iniziato a fotografare 10 anni fa, non mi potevo permettermi una macchina fotografica professionale, di sviluppare la pellicola o di frequentare corsi quindi ho imparato da autodidatta. Un’esperienza fondamentale è stata in Cesura nel 2011 dove mi sono occupato di diverse attività come la scansione dei negativi di Alex Majoli. Quel periodo si è rivelato input, un inizio per tirar fuori quello che già avevo dentro unito a fortuna, dinamismo e tanta determinazione.

Secondo me se hai un’idea forte, non hai bisogno di attrezzature costosissime, può essere sufficiente anche uno smartphone come nel mio caso.

Piero Percoco

© Piero Percoco

 

Oltre al tuo lavoro di fotografo, sei anche insegnante del corso “Nuovi Linguaggi” presso la Scuola Spaziotempo di Bari. Quale messaggio cerchi di trasmettere ai tuoi studenti?

Lo scopo principale del corso “Nuovi linguaggi” è mostrare ai ragazzi come utilizzare al meglio lo smartphone, come avvicinarsi alle persone e come post produrre dal telefono. In più visioniamo la fotografia contemporanea, quella più sperimentale e particolare.

Non si parla solo di tecnica anzi, ma di far esperienza, dell’importanza del territorio, ci si pone delle domande sull’approccio della fotografia, come interagire in questo mondo e quanto farsi pagare anche se sei studente, di come emergere.

Oggi è sempre più difficile per i ragazzi farsi notare perché è pieno di talenti incredibili anche su Instagram e questo aspetto può sconfortare. Cerco di metterli in guardia perché non bisogna illudersi ma secondo me chi ha il fuoco dentro non si ferma davanti a niente e non gliene frega nulla come è successo a me con la mia famiglia che non mi ha mai appoggiato. In poche parole, trasferisco la mia esperienza.

Con loro interagisco anche tramite un account Instagram “Daily Life Notes”.  È un esperimento che faccio da quando ho cominciato ad “insegnare”: faccio pubblicare ogni giorno, e meglio se con il telefono, fotografie in maniera anonima per poi rivederle assieme ad ogni lezione. L’esercizio serve tantissimo per capire l’attitudine di ognuno degli studenti, visto che uno degli obiettivi è proprio quello di trovare un’identità attraverso la fotografia.

Piero Percoco

© Piero Percoco

 

In quali fotografi del passato o del presente ti rispecchi? E a quali non vorresti essere associato?

Nel passato ci sono stati fotografi con cui ho trovato un’onda di sintonia come Charles H Straub, Vivian Maier, Leon Levinstan e Fred Herzog scoperto pochissimo tempo fa e di cui hai comprato il libro un mese fa. Secondo me c’è qualcosa in comune tra me e loro nelle loro vite personali per spiegare questa empatia.

Invece il paragone che mi sono sentito fare in continuazione è con Martin Parr che non accetto molto volentieri anche se è uno dei più grandi fotografi al mondo perché se ti primo sguardo possiamo sembrare simili, in realtà sono due approcci diversi. La mia fotografia è più viscerale, più umana e parla del quotidiano, quella di Parr è una denuncia sociale verso una classe benestante e si percepisce la distanza tra lui e chi fotografa. C’è anche altro oltre a Martin Parr.

Piero Percoco

© Piero Percoco

 

Cosa ti riserva il futuro? C’è qualcosa che non hai ancora fatto e vorresti fare?

Il 30 novembre è uscito su Kickstarter una raccolta fondi per un progetto, Cités Ouvrières: Rediscovering Moroccan Modern Architecture, che mi vede coinvolto insieme all’Associazione Nostoi di Milano che si occupa di promuovere, condividere e sviluppare attività di ricerca relativo al Mediterraneo, il mondo arabo e il medio e vicino Oriente. Insieme a loro vogliamo documentare i villaggi costruiti in Marocco tra il 1920 e il 1960 adiacenti alle industrie e che ora stanno scomparendo. Si tratta di una nuova ed entusiasmante sfida per me perché mi cimenterò nella fotografia di architettura.

Ad ogni modo per il futuro mi piacerebbe fotografare una zona remota della terra come il Polo sud o nord o l’Amazzonia, vedremo!